Questo è un titolo

E questo è un articolo [*]. Ma che tristezza non aver più una mezza idea sul che farsene di questo luogo. Non è interessante e sembra impossibile usarlo per scambiare alcunché con chicchessia. Potrebbe essere che il nodo della questione sia la mancanza d’idee, per semplicità: non si ha nulla da dire. Nulla che possa almeno esibire la minima qualità, per esempio far sorridere o far sorgere un’idea (essere almeno un seme d’idea). Macché.

[*]: mi sovviene che “articolo” è, a un tempo, definizione precisa ma pretenziosa: “articolo”, cioè: “piccolo arto”. Questo più che un piccolo arto è un pezzo d’unghia. Un’ungula.

Come…

…come dice? Non capisco. Non la sento bene. C’è rumore, calore, sudore, afrore. Che schifo. Parli più chiaro. Non ho capito un cazzo. Un cazzo, sì, quell’affare cilindrico – più o meno – che serve sostanzialmente per pisciare e – ogni tanto – per illudersi un po’. Non ho capito un quel coso lì.

Ma vada, vada, vada. Se ne vada!

Oh…

…mi sovviene, ogni tanto, che esiste questa stanza. Non ricordo chi o cosa ci sia; forse i cavalli di mio nonno, forse i figli che ho dimenticato. Ho del pane nella solita bisaccia e glielo porterò. Spero basti. Strada facendo troverò qualcosa ancora. Spero.

Quel che c’è di bello.

Quel che c’è di bello, qui, è che è un posto solitario. Così solitario che potrei calare le brache e farla nell’angolo. E non se ne accorgerebbe nessuno. Nessuno avrebbe niente da ridire, da starnazzare invocando il decoro. Me lo mangio per colazione io, il decoro. Tzé!

Mutter-Wiegenlied

Jeder Ungeziefer
ist gut zu seine Mutter.

Gregor aber nicht!
Gregor aber nicht!

Pech für dich, o Gregor.
Pech für Sie, mein armer Sohn.

Wenn Ihre Schwester Sie sah,
weinen heiße Tränen, ja.

Wenn dein Vater dich sah,
weinen heiße Tränen, ja.

Und wir hoffen, und wir hoffen
dass der Hauptsitz nicht ankommen!

Wer weiß, wie es wäre schlecht fühlen,
schlechte Hauptsitz, warum:

Jeder Ungeziefer
ist gut zu seine Mutter.

Für den Hauptsitz aber nicht!
Für den Hauptsitz aber nicht!

Ninna nanna che le scarafagge tedesche cantano al loro piccolo, dopo averlo nutrito con latte di soja. Gregor è un nome molto comune tra scarafaggi e bacherozzi vari di lingua tedesca. È evidente la natura di lullaby di questi versi grazie alla sintassi deliberatamente approssimativa, agli accorati riferimenti a un’inspiegabile tristezza della sorella e del padre e quelli, totalmente indecifrabili, a un misterioso capufficio (Hauptsitz) che si spera non arrivi. Nemmeno si capisce bene perché Gregor, il piccolo Ungeziefer, non sia gradito alla sua mamma: è certo un gioco di parole.

Ho estratto questa vecchia Wiederlied da un manoscritto, che ho trovato a Tubinga in uno scantinato dell’Università e che quasi certamente è opera dello Holzernkopf[*]; si tratta di uno studio sulle forme dell’accudimento dell’infante. È attualmente inedito.

[*]: Hans Holzernkopf (Donaueschingen, 1873 – Tubingen, 1958), accademico e ricercatore di Tubinga, la cui opera, nelle mie traduzioni, è apprezzata persino da Ennio Bissolati.